Sorpresa paradossale nel 2026: la giapponese Toyota farà auto in USA e le esporterà in Giappone: perché quest’apparente assurdità? Dietro, c’è il trionfo assoluto di Donald Trump, in quanto il presidente yankee vuole ridurre il deficit commerciale tra i due Paesi. A furia di dazi. Inoltre, in campagna elettorale aveva promesso agli elettori di creare lavoro negli States. Ed ecco la pressione tremenda del tycoon sul gigante nipponico auto (numero uno al mondo) e sul governo della nazione asiatica.
Dopo l’UE, il Giappone
Trump ha in mano l’accordo con l’UE: esporterà in Europa le enormi macchine (SUV e pick-up) col frontale gigantesco. Anche se gli standard su sicurezza stradale ed emissioni di quei mezzi sono notevolmente inferiori rispetto al livello imposto da Bruxelles ai veicoli Made in UE. Adesso, The Donald schiaccia Tokyo e persuade Toyota. Una straordinaria doppietta automotive.
I modelli Made in USA di Toyota che saranno esportati in Giappone
Abbiamo la berlina Camry, venduta in Giappone fino al 2023; il SUV Highlander, ritirato dal mercato domestico nel 2007; e il pick-up Tundra, inedito in Giappone. D’altra parte Washington accusa il Paese del Sol Levante di erigere barriere che limitano la penetrazione delle auto americane: Tokyo si è impegnato ad accettare veicoli certificati negli USA senza ulteriori test di omologazione.
Come si evince, è una vittoria indentica a quella contro l’UE, uscita con le ossa rotte: noi dovremo anche comprare il Gas Naturale Liquefatto americano, per poi rigassificarlo. Pagando somme immense. E inquinando. Quindi prima non vogliamo inquinare, ma d’improvviso cambiamo idea.
Possibili guai per le Case tedesche
Stando all’Associazione nazionale degli importatori di automobili (Jaia), nel 2024 sono state importate e vendute circa 230.000 vetture straniere in Giappone: il 5% di tutte le immatricolazioni di auto nuove. Quelle americane sono state 16 mila unità, mentre la maggior parte delle vettura dall’estero hanno origine tedesca. Insomma, un altro guaio per la Germania e le Case teutoniche.
Un 2026 spartiacque per l’auto
Il 2026 passerà alla storia come l’anno in cui la bussola del commercio globale ha invertito i suoi poli. In un mondo abituato a vedere navi cariche di auto giapponesi attraccare nei porti della California, adesso i cargo che partono dal Kentucky e dal Texas sono incredibilmente dirette verso Yokohama. Trump ha messo nel mirino il settore automobilistico, considerato il simbolo del “furto di ricchezza” americana. Per il presidente a stelle e strisce, il deficit commerciale non è un semplice numero contabile, ma un’offesa personale alla classe operaia degli States. Di fronte alla prospettiva di essere tagliata fuori dal suo mercato più redditizio, Toyota non ha avuto scelta: ha dovuto piegarsi alla logica della reciprocità forzata. Trattasi di strategia del martello.

Cosa fa Toyota
Tornando a Toyota: ricalibra i flussi commerciali a proprio vantaggio, oltre ad inserirsi in un contesto più ampio, con Honda e Nissan che valutano di seguire la stessa strada. Comunque, Trump continua a picchiare duro: i dazi – saliti dal 2,5% al 27,5% per poi essere ridotti al 15% a settembre – continuano a pesare sui conti dei produttori auto giapponesi. E sulla nazione orientale. Secondo le ricerche di mercato il vero ostacolo alle auto USA sono le preferenze dei consumatori nipponici, abituati ad auto compatte e ibride: sarebbero scettici sulla scarsa adattabilità sul territorio delle vetture a stelle e strisce. Questione di dimensioni, stile di guida, efficienza energetica.
