Torino non ha mai avuto così tanta paura: la paralisi Fiat spaventa il capoluogo piemontese, esempio di decadimento industriale automotive. Nella sede della fabbrica di automobili più antica d’Europa, è battaglia per i costi dell’elettrificazione, la bassa domanda e la concorrenza della Cina. Co-fondata dalla famiglia Agnelli 125 anni fa, Fiat sta lottando con il declino della sua industria un tempo dominante, evidente nello stato del suo storico stabilimento di Mirafiori, dice la Reuters. Il sito produce la citycar elettrica Fiat 500, che vende pochissimo. Da qui escono le auto sportive Maserati. Ma, a causa delle richieste al minimo, la produzione è stata sospesa per gran parte dell’anno e 2.800 lavoratori sono in congedo con stipendio ridotto.
“Mirafiori è già stata chiusa. Solo che a volte riapre”
Pesanti come macigni le parle di Giacomo Zulianello, operaio e funzionario sindacale FIOM Cgil, tra i licenziati fino all’inizio di novembre: “Mirafiori è già stata chiusa. Solo che a volte riapre”. Per sopravvivere, la Fiat ha permesso che la sua identità italiana si diluisse quando ha rilevato e poi si è fusa con Chrysler nel 2014, creando Fiat Chrysler Automobiles (FCA), e si è unita al produttore di Peugeot PSA per formare Stellantis nel 2021.
Nel frattempo, Torino ha perso quattro dei suoi stabilimenti automobilistici negli ultimi quattro decenni. A partire dal Lingotto nel 1982, famoso per la pista di prova sul tetto che compare nel classico film britannico degli anni 1960 “The Italian Job”. Sino a Grugliasco. Mirafiori, un tempo simbolo della potenza della Fiat, che impiegava circa 60.000 persone e sfornava fino a un milione di auto all’anno, tra cui l’originale Fiat 500 nel suo periodo di massimo splendore degli anni 1960, si sta spegnendo.
Con 60.000 posti di lavoro nell’area ancora legati all’industria automobilistica, l’umore è cupo. Intanto, i lavoratori della Stellantis si preparano a uno sciopero nazionale e a una marcia a Roma venerdì per fare pressione sul governo e sull’azienda affinché salvaguardino i posti di lavoro. Sarà lo sciopero più anomalo del mondo: si incrociano le braccia in fabbriche che vanno a singhiozzo. Da valutare il danno eventuale, se c’è, arrecato a Fiat, ossia a Stellantis. La cui produzione italiana della Stellantis è destinata a scendere sotto i 500.000 mezzi quest’anno, il livello più basso dal 1958, secondo il sindacato FIM Cisl.
Guaio Francia
Le ultime Fiat, Alfa e Lancia sono disegnate in Italia, ma utilizzano principalmente motori e piattaforme di derivazione francese. Sono prodotte all’estero e il CEO di Stellantis Carlos Tavares ha affermato che produrne una, l’Alfa Romeo Junior, in Italia anziché in Polonia avrebbe aggiunto 10.000 euro al suo prezzo al dettaglio. Qui vengono in mente le parole di Marchionne: “Mai coi francesi”.
Stellantis: Mirafiori ha un futuro
La fabbrica produce cambi per veicoli elettrici e ibridi, ospita un centro di riciclaggio per parti di automobili e un laboratorio di tecnologia per batterie e inizierà a produrre una nuova versione ibrida della Fiat 500 alla fine del 2025. Sono in corso trattative fra il governo di destra di Giorgia Meloni e le cinesi Dongfeng Motor Group e Chery. Che a quanto pare dettano condizioni onerose affinché assemblino le auto in Italia. L’esecutivo dice sì ai dazi Ue anti Cina e poi spera che le Case del Dragone accettino la proposta di costruire nel nostro Paese: una bella pretesa.
La sinistra danzante
In tutto questo, la sinistra italiana, molto presa con l’affare migranti dall’Italia in Albania, è quasi assente: nessuna campagna a fianco dei lavoratori, nessun annuncio, nessun politico che si scatena né in tv né in Parlamento. Molto orientata sulla classe d’élite, quella che eredita e gestisce patrimoni, ha lasciato da soli i lavoratori Fiat e Stellantis. Giuste o sbagliate che fossero le lotte di Berlinguer, corrette o discutibili che fossero le sue convinzioni politiche, comunque era un guerriero che sapeva far valere i diritti dei dipendenti. Sfilava accanto ai lavoratori. Oggi, la sinistra ama più salire sui carri colorati per ballare in costume in centro città.