L’Europa automotive rischia di diventare Eurafrica nel 2026

Per via di un mercato del nuovo stagnante e pieno di incognite, nei piani dei Gruppi l’Europa potrebbe divenire Eurafrica.
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Premesso che l’Africa è il continente più meraviglioso del pianeta, con gli abitanti che rappresentano un esempio per tutti, il declino dell’auto in Europa, coinciso col Green Deal auto elettrica UE 2019, potrebbe portare all’Eurafrica. In quanto il continente africano – limitatamente alle auto – non ha la medesima importanza di altri.

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Oggi infatti i Gruppi occidentali operanti nel settore amano dividere il pianeta in zone come Nord America, Europa (allargata), Medio Oriente, Africa (mercato minore come numero di unità), o Medio Oriente e Africa, Sudamerica, Cina, India, Asia (questi tre ultimi a volte uniti). In futuro, Europa e Africa potrebbero unirsi. In quanto nel Vecchio Continente si perderanno sempre più quote a beneficio delle Case cinesi, fortissime nell’elettrico. Intanto, le fabbriche si stoppano momentaneamente. È l’antipasto della chiusura definitiva.

Africa in forte crescita

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L’Europa potrebbe beneficiare della crescita dell’Africa subsahariana. Poi ci sono Sudafrica (hub produttivo consolidato), Marocco (con una forte presenza di Stellantis, Renault e BYD come ponte verso l’Europa) e Nigeria (per la domanda potenziale). L’Africa offre costi del lavoro più bassi e, in alcune regioni come il Marocco, accesso commerciale preferenziale all’UE. Questo spinge alcuni costruttori occidentali e cinesi a investire in impianti di assemblaggio (CKD/SKD) per aggirare le tariffe e sfruttare il potenziale di crescita locale.

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L’Europa automotive rischia di diventare Eurafrica nel 2026: occhio ai soldi

D’altronde Stellantis – solo per fare un esempio – investe 13 miliardi di dollari nell’arco dei prossimi quattro anni per “far crescere le proprie operazioni in un mercato fondamentale come quello degli Stati Uniti e aumentare gli impianti produttivi nazionali”. È la zona con più utili potenziali, grazie a politiche intelligenti pro termico. È fare industria, con soldi veri per macchine concrete. Invece, in  Europa, si è costretti a immaginare il futuro nel 99% dei casi: rendering, elaborazioni digitali delle macchine, come potrebbero essere, così forse sarà il modello. Ma è ovvio. Nel Vecchio Continente regna la paura del futuro: per un minimo programma a stretto giro occorrono mille tavole rotonde con annunci e proclami, per gli incentivi per BEV e colonnine veloci si va a macchia di leopardo con iniziative confuse e contraddittorie.

Una via di mezzo pericolosa

Col Green Deal auto elettrica, era necessario un Piano Marshall di incentivi locali e centrali per auto e stazioni. O si decide di spingere sulle BEV o ci si lascia invadere dai cinesi. Recenti esempi di Polonia, Slovenia, Spagna e Portogallo dimostrano come sistemi di incentivi ben progettati possano incrementare notevolmente le immatricolazioni di veicoli elettrici a batteria. Che si tratti di sovvenzioni, esenzioni fiscali o sistemi di bonus a più livelli, questi programmi abbassano la barriera finanziaria e rafforzano la fiducia dei consumatori. I risultati parlano da soli: la Polonia ha raddoppiato le immatricolazioni, la Slovenia ha registrato un aumento dell’89% e il Portogallo vanta ora una quota di mercato superiore al 21%. Questi successi dimostrano che gli incentivi funzionano, spiega l’Acea (Associazione costruttori europei).

Il modello Francia

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Con investimenti enormi (e non coi due spiccioli francesi o di altre nazioni), si poteva anche seguire l’esempio di Parigi. Bonus importante determinato in base al reddito familiare. Il programma di leasing sociale è adatto solo se l’utilizzatore viene coperto contro tutte le penali (franchigie) da sinistro: canone mensile di 200 euro per le BEV. Questo programma si rivolge a persone con un reddito di riferimento per nucleo familiare pari o inferiore a 16.300 euro che soddisfano requisiti specifici per spostamenti casa-lavoro o chilometraggio. 

Non male il Belgio

Deducibilità fiscale del 100% per i veicoli elettrici dal 2020 al 2026

• Aliquota del 4% per i benefit in natura (la più bassa dell’UE)

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• IVA del 6% sul consumo di elettricità residenziale (contro l’aliquota standard del 21%)

E comunque, servono più denari. Nonostante queste condizioni favorevoli, l’adozione di BEV mostra segni di rallentamento. A settembre 2025, le elettriche rappresentavano il 33,4% delle nuove immatricolazioni, ma il loro tasso di crescita è rallentato al 12,4%. Nel frattempo, le immatricolazioni totali sono diminuite del 9,2% a settembre 2025.