Otto fabbriche auto europee scompariranno: perché e quando

L’Europa ha otto fabbriche auto di troppo per il 2030. Colpa del flop elettrico e delle Case cinesi che mangiano quote a Stellantis e Volkswagen.
Otto fabbriche auto europee scompariranno Otto fabbriche auto europee scompariranno

AlixPartners nel Global Automotive Outlook 2025 prevede che per il 2030 l’Europa abbia otto fabbriche auto di troppo: questo si traduce in disoccupazione drammatica e guai sociali. Colpa del flop elettrico e delle Case cinesi che mangiano quote a Stellantis e Volkswagen.

Advertisement

Su tutti gli orientali, primeggiano BYD e MG (SAIC). Vanno forte pure Geely (che controlla anche Volvo e Lotus), Great Wall, Changan, Dongfeng, FAW, NIO, Xpeng e Li Auto. Il problema è che oggi i siti del continente operano al 55% della loro capacità media, un livello ben al di sotto della soglia di redditività. Non essendo profittevoli, con le multe di 16 miliardi UE per chi inquina troppo, la soluzione è una, ossia tagliare. Gli stabilimenti che non raggiungono almeno i tre quarti della capacità sono solo una zavorra. Comunque, è un momento delicato anche per  Mercedes, BMW, Ford, General Motors, Renault e addirittura Tesla. 

Addio a otto fabbriche auto europee: l’elettrico è una catastrofe

Advertisement

Fabian Piontek, managing director di AlixPartners in Germania, prevede che marchi cinesi guadagnino tra uno e due milioni di veicoli di quota ai danni dei costruttori europei. Già nel 2025 la loro market share in Europa è stimata al 5%, ma schizzerà al 10% entro il 2030. Gli analisti ricordano che una fabbrica diventa sostenibile solo se produce almeno 250 mila vetture l’anno. Qualora le vendite dei marchi cinesi in Europa dovessero toccare quota 2 milioni di unità annuali entro il 2030 (evento probabile), il continente si ritroverebbe quindi con circa otto impianti in eccesso.

ricarica

Poca domanda

Stellantis – secondo AlixPartners – utilizza solo il 45% della propria capacità produttiva europea. Il gruppo non ha voluto commentare. La produzione automobilistica in Italia si è ridotta del 54% rispetto al 2017, ultimo anno in cui gli stabilimenti nazionali superarono la soglia del milione di veicoli. Per il report, la chiusura di una grande fabbrica con circa 10 mila dipendenti può comportare costi fino a 1,5 miliardi di euro, oltre a richiedere da uno a tre anni di negoziati con le rappresentanze sindacali e i governi locali.

Intanto, Volkswagen ha sospeso per una settimana le attività nello stabilimento di Zwickau, mentre la società euroamericana ha interrotto la produzione di modelli come la Fiat Panda e l’Alfa Romeo Tonale a Pomigliano. In Paesi come la Germania, i rappresentanti dei lavoratori siedono nei consigli di sorveglianza e hanno potere di veto sulle chiusure. Lo scorso anno Volkswagen ha impiegato diversi mesi per raggiungere un accordo che ha evitato la chiusura di stabilimenti, ma ha comportato il taglio di 35 mila posti di lavoro. Con uscite graduali.

Niente diesel? E allora ecco il benzina

Advertisement

L’UE voleva ridurre le emissioni di CO2 con l’elettrico: tra il 2017 e il 2025 i valori medi sono rimasti stabili (da 113,3 a 114,3 g/km). Perché le colonnine sono poche e distribuite male, e l’elettricità è carissima. Il diesel è crollato al 10%, ma il vuoto è stato riempito dalla benzina. Non ci si schioda dal mezzo termico comodo, pratico e sicuro. E se il nuovo costa troppo, si ripiega sull’usato. Va da sé che – in assenza di crociate locali anti diesel – le macchine a gasolio farebbero tuttora faville.