Luca de Meo dice addio a Renault mentre la Cina avanza in Europa: campanello d’allarme per l’industria

Se Luca de Meo dice addio a Renault, forse è perché ormai l’auto europea si avvia ancor più verso il declino.
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Di certo, c’è la notizia che Luca de Meo dice addio a Renault. Sul resto si fanno ipotesi: forse è perché ormai l’auto europea si avvia ancor più verso il declino. Dopo il Green Deal auto elettrica 2019, dopo l’ascesa della Cina, con tutte queste regole UE, l’auto in Europa farà fatica a rimettersi a correre. Il famoso Piano d’Azione UE è poca roba, oltreché tardivo: tanti intenti, solo un minimo di elasticità per le multe alle Case. Già la dura intervista congiunta a Le Figaro con John Elkann, in cui i due criticano Bruxelles, era un segnale.

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Se i leader più brillanti decidono di abbandonare il campo, chi prenderà il loro posto? Occhio alla stagnazione, a una perdita di competitività. Elettrico flop al 15% in UE, colonnine poche e lente, la Cina che aggredisce. È uno scenario da batticuore. Le dimissioni di Luca de Meo sono – a nostro avviso – un segnale significativo.

Luca de Meo dice addio a Renault: timori diffusi

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La notizia è piombata sull’industria automobilistica come un fulmine a ciel sereno. L’annuncio ufficiale delle sue dimissioni, con effetto dal 15 luglio 2025, rappresenta un duro colpo per l’industria auto UE. La Cina avrà un avversario valido in meno. De Meo, l’uomo che in soli cinque anni ha saputo rimettere in carreggiata un colosso zoppicante come la Losanga, artefice di un piano strategico audace e apprezzato, abbandona l’auto per approdare, secondo le indiscrezioni più accreditate (Reuters), al mondo del lusso, in particolare al timone di Kering, la holding di François-Henri Pinault che vanta marchi prestigiosi come Gucci e Bottega Veneta.

Interrogativi inquietanti 

Ecco un messaggio scomodo e difficilmente digeribile per l’intero settore automobilistico europeo. Perché de Meo, nel pieno della rinascita di Renault, decide di lasciare? Che cosa c’è dietro questa scelta? Il sospetto più fondato è semplice: il top manager italiano si sarebbe convinto che il sistema automobilistico europeo faccia molta, troppa fatica. E che l’auto, da fenomeno sociale e industriale di massa, sia stata esautorata fino a giungere a un’irreversibile crisi.

I dazi UE anti elettriche Made in China sono il segno della resa, l’icona dell’inferiorità politico-economica. Poi ci si lamenta dei dazi USA: che che pulpito.

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Dalle vittorie del termico alle sconfitte dell’elettrico

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Per decenni, l’auto termica UE ha dominato. È stata molto più di un semplice mezzo di trasporto. Un simbolo di libertà, di progresso, di status sociale, di indipendenza e di sogni. Ha plasmato paesaggi urbani e rurali, generando milioni di posti di lavoro. Poi, con l’elettrico, i giganti che scriocchiolano, 86.000 licenziati nell’indotto, futuro molto incerto per i big automotive. La filiera elettrica è nelle mani nei cinesi, dai minerali alle batterie. I fornitori a picco.

L’imposizione dell’elettrico come unica via semina incubi, con le potentissime lobby green che hanno messo i loro artigli nel sistema. Luca de Meo dice addio a una Renault rifondata, con un piano strategico (“Renaulution”) che ha mostrato i primi frutti e ha riportato la Losanga sulla strada della redditività. Ha saputo gestire la complessità dell’alleanza con Nissan e Mitsubishi, ristrutturato il portafoglio prodotti e posto le basi per la transizione elettrica del Gruppo. La sua partenza, quindi, lascia un vuoto non solo dirigenziale, ma anche strategico e morale.

Gli infiniti appelli

L’Acea (Associazione costruttori auto europei) ha fatto infiniti e inutili appelli all’UE. D’altronde, anche l’Unrae (Unione Case estere in Italia) agisce allo stesso modo col governo Meloni. Ma la politica va per la sua strada, stracolma di burocrazia. De Meo s’era già lamentato: tardiva la mossa sulle multe CO2 da 16 miliardi a chi sfora, ormai i soldi sono stati accantonati. C’era baruffa nell’aria.

Cosa dice Renault

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Il Consiglio di Amministrazione, riunito dal presidente Jean-Dominique Senard, ha ringraziato de Meo per il risanamento del Gruppo dal 2020. Già avviato il processo di nomina del nuovo amministratore delegato sulla base del piano di successione già definito per proseguire e accelerare la strategia di trasformazione in questa nuova fase. Bello e condivisibile il seguente passaggio: “Oltre a essere un capitano d’industria eccezionale, Luca de Meo è anche una persona creativa, impegnata, appassionata e fonte di ispirazione”.

Brutto colpo per l’Italia

Peccato. Per qualche istante, l’Italia poteva avere de Meo a capo di Renault e Filosa a capo di Stellantis: due italiani bravissimi. È tutto finito molto in fretta. Ma il primo avrà avuto i suoi validi motivi.

Cortocircuito elettrico UE

L’Unione Europea spinge con decisione verso la transizione elettrica, l’industria cerca il dialogo senza risultato, l’85% degli automobilisti continua a preferire veicoli a combustione interna, lasciando al solo 15% il settore dell’elettrico. Grazie a tre motivi. Uno: super sconti, con le promozioni aggressive anti multe. Due: molti veicoli elettrici vengono immatricolati dalle concessionarie come km zero per raggiungere gli obiettivi di vendita e accedere. Tre: mega ribassi per le aziende enormi che hanno elevato potere di contrattazione. È un mercato tossico, con doping. Un atleta che – senza aiutini – il 15% (percentuale misera) non lo vedrebbe neppure col binocolo. Pesano il costo più elevato delle vetture elettriche, l’ansia da autonomia e la scarsa capillarità delle infrastrutture di ricarica. C’è una drammatica disconnessione tra gli obiettivi normativi UE e la realtà economica e sociale dei consumatori, più volte evidenziata da CEO e industria auto europei.

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