Mentre la Cina mette sul piatto una montagna di miliardi di euro per le batterie, ora l’UE piazza 852 milioni di euro in sei progetti innovativi. L’importo è – nostro avviso – bassissimo. Se è questo il Piano d’Azione auto di Bruxelles contro Pechino, possiamo anche arrenderci a inizio partita, inutile proseguire. I soldi arrivano dal Fondo per l’innovazione, utilizzando i ricavi del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (EU ETS). L’Ue sostiene che così si stanno “compiendo progressi concreti verso i suoi obiettivi di decarbonizzazione, aumentando al contempo la competitività industriale e creando posti di lavoro di alta qualità in tutta Europa”. Sarà. Ma o si gioca con soldi pesanti, o tanto vale non giocare.
La vicenda Northvolt non è servita
Il flop di Northvolt è anche dovuto alla mancanza di risorse adeguate. Non puoi combattere la battaglia anti Cina se non disponi di quattrini a sufficienza. Evidentemente, la vicenda è servita a poco. Come potrai mai essere competitivo contro CATL e BYD e gli altri cinesi? Si chiamano Gigafactory perché impongono investimenti Giga, si ragiona in grande.
Sono stati selezionati sei progetti: no, l’Italia non esiste
1) Accept Automotive Cells Company European Production Take-off, con sede in Francia (Automotive Cells Company ACC).
2) Ahathe – Advanced Gigafactory Aiming at Tempering greenhouse gases Emissions, con sede in Francia (Verkor).
3) CF3_at_Scale – Scaling of innovative manufacturing processes for high-performance cells, con sede in Germania (Cellforce Group).
4) Novo One – NOVO One Gigafactory, con sede in Svezia (NOVO Energy).
5) Willstatt GigaFactory 2 GWh, con sede in Germania (Leclanche).
6) 46inEU – Powering the Future – 46 Cylinders, Infinite Possibilities in Europe, con sede in Polonia (LG Energy Solution).
Sicché abbiamo Francia, Germania e Polonia: le prime due a fanno doppietta. Come sempre, Italia fuori dai giochi. Ormai con l’auto elettrica, siamo ai confini dell’impero: 5% di share di mercato del nuovo e 300.000 full electric circolante, con 66.000 punti di ricarica. Numeri ridicoli.

Tempistiche: tutto così piano…
Si prevede che tutti i progetti UE inizieranno le operazioni prima del 2030. Addirittura: 2030. Ma dì là la Cina vola e organizza tutto in fretta. Si dovrebbe cambiare mentalità per andare a vincere. Ci sarà un supporto che coprirà sia le spese in conto capitale che quelle operative e che verrà erogato al raggiungimento delle tappe fondamentali del progetto. Parte dell’erogazione può avvenire prima dell’entrata in funzione per supportare la fase di investimento del progetto. Nei primi 10 anni di attività, si prevede che ridurranno le emissioni di gas a effetto serra (GHG) di circa 91 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Al completamento, questi progetti avranno una capacità di produzione combinata di circa 56 gigawattora (GWh) di celle per batterie EV l’anno. I candidati selezionati dovrebbero firmare i rispettivi accordi di sovvenzione con l’Agenzia esecutiva europea per il clima, le infrastrutture e l’ambiente (CINEA) nel terzo trimestre del 2025.
Quali i criteri di aggiudicazione? Il grado di innovazione dei progetti; il loro potenziale di riduzione delle emissioni di GHG, inclusa l’impronta di carbonio del processo di produzione stesso; la maturità operativa, finanziaria e tecnica; la replicabilità; i contributi alla sicurezza dell’approvvigionamento dell’UE e l’efficienza dei costi. Dal 2021, il Fondo per l’innovazione ha impegnato un budget totale di circa 12 miliardi di euro, supportando oltre 200 progetti innovativi in tutto lo Spazio economico europeo (SEE).
Tutto troppo complicato: la Cina se la ride beata
Il bando dedicato alle batterie nell’ambito dell’Innovation Fund fa seguito all’annuncio della Commissione Europea del 2023 di rafforzare la capacità di produzione di batterie dell’UE, stanziando fino a 3 miliardi di euro in supporto mirato. L’obiettivo è incentivare gli investimenti nella capacità di produzione di celle per batterie per veicoli elettrici a livello nazionale – un pilastro essenziale della transizione pulita – e ridurre la dipendenza da fornitori stranieri per questa tecnologia strategicamente importante, in linea con gli obiettivi del Net-Zero Industry Act.
Al di là degli annunci, qui in UE è tutto troppo complesso, con procedure burocratiche tremende. La Cina era, è e resterà leader dell’elettrico. Anzi, viste le premesse, la forbice si allargherà.
Dramma UE dell’auto elettrica dal 2019
Siamo rimasti – come modo di pensare – all’auto elettrica del Green Deal 2019. Infatti, in UE, abbiamo un pietoso 15% di quota mercato full electric, frutto del doping di Francia e Germania, delle km zero, del noleggio a lungo termiche con le società captive (dei Gruppi auto) che immatricolano a più non posso le macchine a batteria. Più i mega sconti affinché i 16 miliardi di euro di multe UE non scattino o siano inferiori. Dopo sei anni, siamo ancora lì, impietriti dalla paura della Cina. Il Celeste Impero, tra il 2009 e il 2023, ha investito 230 miliardi di dollari per sostenere la sua industria di veicoli elettrici, incluse le batterie: fonte Center for Strategic and International Studies (CSIS), un think tank con sede a Washington.