Northvolt: la sua brutta vicenda è un segnale per l’auto elettrica europea

Northvolt: lo stop definitivo alla produzione a Skellefteå e la vendita dell’impianto polacco di Danzica alla startup americana Lyten evidenziano le fragilità del progetto continentale.
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Dramma auto elettrica in Europa: per Northvolt, ecco lo stop definitivo alla produzione a Skellefteå e la vendita dell’impianto polacco di Danzica alla startup USA Lyten. Un pessimo segnale che riguarda la macchina a batteria nel Vecchio Continente, dove si viaggia a un tristissimo 15% di quota mercato, per non dire del penoso 5% in Italia. 

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Ehi, nessuno fa una bella foto ricordo con Northvolt?

In un colpo, quelli che anni fa facevano la foto ricordo con Northvolt sono spariti. Erano decine e decine di personaggi pubblici d’ogni tipo. Sentita la puzza di fumo, non ci sono più. Se c’è da vincere col green, si espongono. Se c’è da giustificare il flop auto elettrica in Europa, non arriva nessuno a metterci la faccia. Tutto questo nonostante il pompaggio di Germania e Francia con aiuti all’elettrico d’ogni tipo.

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Northvolt, dichiarata fallita lo scorso 12 marzo con un debito vicino ai 7,5 miliardi di euro, rappresentava molto più di un’impresa. Era l’icona dell’Europa verde che dice: vedrete, con l’elettrico, prosperità, benessere, piena occupazione, lavoro per l’indotto. Era la verdissima Svezia contro la Cina. Ma il Dragone ha la filiera in mano: miniere, batterie, tecnologie. Forse era il caso di pensarci nel 2019, alla nascita del Green Deal. Fondata nel 2016 da ex manager di Tesla, Northvolt aveva saputo attrarre circa 15 miliardi di euro tra fondi europei e investimenti privati, diventando la startup industriale più finanziata dell’Unione Europea. Dal sogno coi soldi UE all’incubo è stato un attimo: nel mentre, l’agonia elettrizzante. Dei 900 dipendenti nello stabilimento svedese prima del fallimento, oggi ne rimangono circa 300, e da domani anche loro a casa. 

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E chi l’avrebbe mai detto?

Il leader del sindacato IF Metall, Marie Nilsson: “Molte cose sono andate storte e ora il prezzo lo pagano i nostri associati”. E chi l’avrebbe mai detto che mettersi contro la Cina, dominatrice dell’elettrico, sarebbe stato un disastro? Mattias Näsman, storico dell’economia all’Università di Umeå: “Se lo Stato svedese avesse sostenuto Northvolt nel momento critico, probabilmente oggi non saremmo qui a parlare di bancarotta”. Quindi, Svezia nel mirino. La verde Svezia. La green Stoccolma. Quando la partita s’è fatta dura, ciao ciao. La Cina oggi controlla l’80% della produzione globale di celle per batterie: gli alti funzionari del Celeste Impero osservano sbalorditi i regaloni che facciamo loro.

Come conseguenza, sono arrivati la cancellazione di un maxi-finanziamento da 5 miliardi di dollari per un nuovo impianto e la decisione di BMW di rescindere un ordine da 2 miliardi: motivo, la lentezza esasperante nelle consegne. Ecco la chiave: la velocità della nazione della Grande Muraglia contro la lumaca europea. Dall’altra parte ha CATL e BYD. È come giocare una partita di calcio contro una squadra che ha Maradona e Pelé: parti sconfitto nonostante il mare di chiacchiere.

Europa dell’auto elettrica in fuga

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Svolt ha deciso di abbandonare l’Europa, cancellando progetti in Germania. ACC (joint venture tra Mercedes, TotalEnergies e Stellantis) ha stoppato i lavori in Italia e Germania (come l’impianto di Termoli). Come dare torto ai Gruppi auto? Fai le batterie per chi, se le elettriche non si vendono e se il re degli accumulatori è il Regno di Mezzo? CATL sta costruendo impianti in Germania, Ungheria (e in Spagna con Stellantis).

Unico aspetto che strappa un sorriso

Per fortuna, le attività di Northvolt in Germania, Polonia e Nord America non sono state coinvolte dal processo fallimentare. La polacca Northvolt Dwa ESS, la più grande fabbrica europea di sistemi di accumulo d’energia a Danzica, sta per vivere una nuova vita. Verrà infatti comprata dalla startup americana Lyten, che vuole ampliare la sua gamma di prodotti. Lyten, azienda leader nelle batterie al litio-zolfo, intende riavviare immediatamente le operazioni, con ordini che coprono già tutto il 2026 e piani per estendere la capacità da 6 a 10 GWh. Pertanto le batterie le fa un colosso USA. Europa collassata. Zero autonomia industriale: Europa dipendente da fornitori esterni.

Lyten, fondata nel 2015, si presenta come un’azienda che si occupa di applicazioni di supermateriali: ha ricevuto 425 milioni di dollari in investimenti azionari e si è assicurata lettere di intenti per 650 milioni di dollari in finanziamenti dalla Export Import Bank degli Stati Uniti. Con questi quattrini, lancia la sfida a Pechino.

Batterie a litio-zolfo di Lyten: scommessa anti Cina

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Grazie all’utilizzo dello zolfo – materiale abbondante e meno costoso rispetto a nichel, cobalto, manganese e grafite -, Lyten piazza la scommessa anti Cina. Sono ultra-leggere, il che le rende ideali per applicazioni come auto elettriche, droni, satelliti. Possono immagazzinare più energia a parità di spazio e peso. L’azienda utilizza un materiale proprietario chiamato 3D Graphene, ottenuto dal cracking del metano, che contribuisce a confinare lo zolfo e i polisolfuri, risolvendo uno dei principali problemi delle batterie litio-zolfo (la scarsa durata del ciclo). Ha accordi con importanti attori come Stellantis (per il concept Chrysler Halcyon) e per dimostrazioni sulla Stazione Spaziale Internazionale.

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