Business gigantesco per gli Operatori di ricarica (CPO) auto elettrica: parliamo di aziende che svolgono un ruolo fondamentale nella filiera della mobilità elettrica (installazione delle stazioni per fare il pieno di elettroni). Per EVBoosters, tra il 2022 e il 2025, otto CPO europei hanno raccolto 2,5 miliardi di euro. Tra questi: Ionity, che ha sottoscritto uno storico prestito green da 600 milioni di euro, sostenuto da player come BlackRock, KfW e ABN Amro. In gioco attori come Electra, Zunder, Powerdot, Driveco, Milence, Allego, mentre in futuro arriveranno per tutti finanziamenti per reti urbane e autostradali, ricarica ultraveloce, hub logistici e flotte. Questi operatori condividono ambizioni paneuropee. Ognuna di queste aziende opera o si sta espandendo in diversi mercati europei, costruendo infrastrutture transfrontaliere e posizionandosi come player continentale.
Operatori di ricarica (CPO) auto elettrica: pacchia ESG
Domanda: perché ricevono soldi in prestito i CPO? Perché percepiti come asset affidabili, redditizi e allineati ai criteri ESG. Stanno diventando pilastri del piano europeo per le emissioni zero. I criteri ESG sono fattori non finanziari utilizzati per valutare la sostenibilità e la responsabilità etica di un’azienda o un investimento. L’acronimo sta per E Environmental (Ambientale), S Social, G Governance (Governo Societario). Tutto questo piace molto all’UE col suo Green Deal auto elettrica 2019. Così, si mira a ridurre le emissioni di gas serra (CO2, metano), utilizzando energie rinnovabili. Maggiore il rating verde dell’azienda, superiore la possibilità di ottenere quattrini in prestito. Il tutto miscelato con codici etici, politiche anticorruzione, sistemi di whistleblowing (segnalazione di illeciti).

Chi mette i soldi
I CPO sono sostenuti da investitori istituzionali. Tra questi figurano banche globali come ABN AMRO e Santander, giganti delle infrastrutture come Infracapital e GIP, e fondi pensione come PGGM e APG. Questi operatori a lungo termine sono attratti dai rendimenti stabili del settore, dalla resilienza all’inflazione e dalle credenziali ESG. A livello teorico, tutti ci guadagnano. Chi mette i soldi li ha indietro con gl’interessi. Chi piazza colonnine incassa anche finanziamenti magari convenienti, e poi è pagato da chi ha un’auto elettrica, quando questi fa il pieno alla stazione di ricarica pubblica su strada.
Opportunità di lavoro?
Secondo il Market Outlook 2025 di ChargeUp Europe, la mobilità elettrica ha apportato 15,3 miliardi di euro all’economia europea entro la fine del 2024, creando oltre 54.000 posti di lavoro. L’impatto del settore crescerà notevolmente nel prossimo decennio: entro il 2035, si prevede che genererà 94 miliardi di euro di valore e sosterrà 130.000 posti di lavoro aggiuntivi lungo la catena del valore della ricarica.
Tutto vero, aggiungiamo noi. Ma c’è il rovescio della medaglia. La Clepa, l’associazione europea dei fornitori automotive, ha stimato che dal 2020 al 2024 circa 86.000 posti di lavoro sono stati persi nel settore a livello europeo. Di questi, il 60% (52.000) riguardano la sola Germania, che è stata il Paese più colpito. In più ci sono i colossi della produzione che vengono costantemente monitorati, fra uscite volontarie, riduzione dei costi, prepensionamenti, chiusura delle fabbriche, invasione cinese.
1) I re dei CPO: Ionity
Germania, fondata nel 2017. Sede centrale: Monaco di Baviera. Mercati: 24 Paesi europei, focalizzati sulla ricarica ultraveloce in autostrada e in città. Finanziamento: 600 milioni di euro (2025) Tipo: Linea di credito green. Investitori: ABN AMRO Bank N.V., BNP Paribas, Crédit Agricole Corporate and Investment Bank, ING Bank N.V., KfW IPEX-Bank GmbH, Landesbank Baden-Württemberg, MUFG Bank (Europe) N.V., Norddeutsche Landesbank Girozentrale, Rabobank, OEM (BMW, Mercedes, VW, Ford, Hyundai), GIP (BlackRock). Dopo aver completato uno storico round di equity da 700 milioni di euro nel 2021, si è assicurata un altro investimento senza precedenti. Il round di equity del 2021 rimane il più grande nel settore europeo della ricarica di veicoli elettrici fino a oggi. Target: espandere la propria rete di punti di ricarica da 5.000 a 13.000 in oltre 1.300 siti entro il 2030. La proposta unica risiede nei suoi caricabatterie ultraveloci (fino a 400 kW, presto 600 kW) e nel suo pieno supporto per piattaforme di veicoli a 800 V.
2) Milence, Paesi Bassi
Focalizzato sulla ricarica di veicoli pesanti. Finanziamento: 500 milioni di euro. Investitori: Daimler Truck, Gruppo TRATON, Gruppo Volvo (che dietro ha i cinesi di Geely). Una joint venture costituita per costruire una rete di ricarica continentale per camion elettrici. Il primo hub dell’azienda è stato inaugurato a Venlo, nei Paesi Bassi, e prevede di raggiungere 1.700 punti di ricarica ad alte prestazioni entro il 2030.
3) Allego, Paesi Bassi
Finanziamento: 400 milioni di euro (2022). Tipo: Linea di credito. Investitori: Société Générale, Banco Santander. Fornitore leader indipendente di infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici con oltre 35.000 punti di ricarica operativi in tutta Europa. Attiva in 16 Paesi, serve un mix di clienti pubblici, commerciali e flotte, con una forte attenzione alla ricarica rapida e ultrarapida. Quotata alla Borsa di New York, ha raccolto ulteriori 310 milioni di euro nel 2024 tramite un prestito convertibile dal suo azionista di maggioranza, Meridiam.

4) Electra, Francia
Mercati: Francia, Italia, Germania, Paesi Bassi, Belgio. Finanziamento: 304 milioni di euro (2024). Investitori: PGGM, Bpifrance, Eurazeo, SNCF, Serena e RIVE. Electra è una startup francese in rapida crescita specializzata in stazioni di ricarica ad alta velocità in contesti urbani. Con un focus sulla praticità e sull’ottimizzazione basata sul software, è considerata una stella nascente nel settore dei veicoli elettrici. Il suo round di Serie B del 2024 supporterà l’implementazione di oltre 2.000 stazioni entro il 2030.
Green, il colore dei dollari
La prossima volta che qualcuno si stupisce del perché mai certi gruppi di potere a livello europeo s’inalberano appena si tocca la loro auto elettrica, si sappia che oggi la mobilità pulita UE è green come il colore dei dollari.
CPO in Italia: burocrazia asfissiante
Per un operatore di servizi di ricarica pubblica per veicoli elettrici (CPO), lavorare in Italia non è facile. Rammentando che trattasi di società per fare quattrini e non enti di beneficenza, chiaro che partecipino ai bandi solo se hanno convenienza. Quello PNRR del nostro Paese per le preziosissime ricariche veloci da 600 milioni di euro (quattrini in arrivo da Bruxelles) è andato deserto. Scelta lecita. Magari si potrebbe fare qualcosa per aumentare la concorrenza, imponendo di fatto un abbassamento delle tariffe a beneficio dell’auto elettrica; ma tutto resta così com’è da anni. Al di là qualche fumosa chiacchiera d’intenti dei politici UE.
C’è un problema poi di natura burocratica. Mille vincoli autorizzativi per attivare le colonnine: almeno il 15% è inerte. Su 66.000 punti di ricarica presso 33.000 stazioni, un’infinità è una sorta di statua. Inutile. E anche dannosa a bene vedere, occupando spazio. Bruttina anche da vedere. La gestione delle pratiche di connessione alla rete elettrica è una sorta di incubo nazionale senza via d’uscita. Un buco nero fra soprintendenze, enti, ok con attese eterne, bolli, timbi, sì dei vicecapi per conto dei responsabili.
Bisogna parlare con soggetti pubblici (prevalentemente Comuni), soggetti privati che dispongono di aree di parcheggio ad accesso pubblico (centri commerciali, supermercati, alberghi, ristoranti …). Poi occorre la disponibilità della potenza necessaria, relativamente al tipo di infrastruttura che si desidera installare (30-40 kW per ogni colonnina quick con due o più punti di ricarica, 50-100 kW per ogni colonnina fast, 100-300 kW per ogni colonnina hyper).
A tutto questo si aggiungano i ladri di rame che tagliano i cavi, senza essere mai puniti. Di colonnine sane e veloci ne restano pochissime.