La regola non scritta dell’industria auto è sempre stata, più o meno, la stessa. Molto semplice: il proprio territorio è, commercialmente parlando, un porto sicuro. Gli americani comprano americano, i tedeschi comprano tedesco, gli italiani altrettanto (storicamente) e, per motivi culturali ed economici, il consumatore tende a preferire il marchio che fa parte della storia del proprio paese. Tuttavia, con l’avanzata dei nuovi attori globali, in particolare i brand giapponesi, coreani e, più recentemente, cinesi, questa tradizione sta cadendo a pezzi.
I risultati, talvolta, sfiorano il dramma per i costruttori storici. Tra i dati di Jato Dynamics riportati su Motor1 il caso più allarmante riguarda Fiat (insieme ad Abarth) nel mercato domestico, quello italiano. Nel 2010, le immatricolazioni del marchio rappresentavano quasi il 23% del mercato totale delle auto passeggeri. Cinque anni dopo, la quota era scesa al 21%. Nel 2020, la percentuale era scesa ancora al 15%.

E quest’anno? La quota combinata Fiat e Abarth ha toccato il minimo storico del 9,6%, almeno restando all’inizio di quest’estate. Così, in 15 anni, Fiat ha perso quasi i due terzi della sua base di consenso in patria.
È possibile che l’introduzione di Jeep abbia sottratto vendite, ma si tratterebbe di un alibi: un marchio aggiuntivo dovrebbe aumentare la quota complessiva del gruppo, non affossarla, o agire da autentico furto. Fortunatamente per Fiat, la situazione nel suo mercato più grande, il Brasile, rimane stabile, anche se in leggero calo (dal 23% del 2010 al 21% nel primo semestre 2025).
Non va meglio agli altri marchi storici in Europa. In Germania, Opel ha visto la sua quota di mercato scendere vertiginosamente dall’8% nel 2010 a un misero 4,4% quest’anno. Ford in Germania (dove ha un’importante e storica presenza produttiva) ha seguito un percorso simile, scendendo dal 6,8% al 3,8%.

Altri brand tedeschi, invece, reggono molto bene il colpo: la quota di Volkswagen è scesa solo dal 21% al 20,4%. Lo stesso trend si osserva in Francia per Citroen (insieme a DS).
La mancanza di comprensione delle tendenze di mercato da parte di questi colossi un tempo inamovibili e la crescente competitività dei nuovi attori spiegano gran parte di questi risultati. Perché se non c’è crescita della quota, c’è invece uno stallo o un crollo verticale in circa un decennio. La “patria”, allora, non è più il cosiddetto porto sicuro.
