Toyota vuol fare auto in USA e importarle in Giappone: perché

La decisione di Toyota di importare in Giappone auto prodotte negli Stati Uniti ha un obiettivo: ridurre l’attrito commerciale con gli USA.
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Il trionfo automotive di Trump è totale, vista la decisione di Toyota. Ieri Stellantis annunciava 13 miliardi di dollari di investimenti in USA, oggi il colosso nipponico decide di importare in Giappone auto fatte negli States: obiettivo, ridurre l’attrito commerciale con la terra yankee. Nel mirino di The Donald, più occupazione per gli statunitensi, affrontare il deficit commerciale statunitense nei confronti del Giappone. L’annuncio precede di pochi giorni una visita del presidente americano a Tokyo.

Toyota vuol fare auto in USA e importarle in Giappone: ecco come

  • Toyota Motor Corporation sta pianificando di importare in Giappone veicoli prodotti nei suoi stabilimenti statunitensi. Questa mossa dimostra l’impegno dell’azienda nel contribuire a riequilibrare la bilancia commerciale. L’idea verrà essere discussa durante un incontro tra Trump e i principali leader del gigante giapponese, tra cui il presidente di Toyota, Akio Toyoda. 
  • È “reverse import”, importazione inversa: una strategia commerciale in cui un’azienda importa in un Paese d’origine beni che sono stati prodotti in uno dei suoi stabilimenti situati all’estero. Consente alla società di bilanciare la produzione globale, utilizzando la capacità in eccesso degli stabilimenti all’estero per soddisfare la domanda nel mercato domestico. Questo può portare a costi di produzione unitari inferiori, anche tenendo conto dei costi di spedizione e dei dazi di Trump. E magari dei vantaggi dati dagli USA a chi fa macchine in USA.
  • Toyota valuta la vendita della berlina Camry e del pick-up Tundra in Giappone, che in precedenza erano venduti quasi esclusivamente negli Stati Uniti.
  • Il governo giapponese sta considerando di rivedere le normative sull’importazione di veicoli statunitensi: zero costosi e lunghi test aggiuntivi di sicurezza e omologazione, che Washington ha spesso definito come barriere non tariffarie.
  • Gli Stati Uniti avevano minacciato l’imposizione di dazi più alti (inizialmente ventilati al 25%) sulle auto e parti giapponesi. In seguito a un accordo, Washington ha ridotto i dazi sulle auto giapponesi a un tetto massimo del 15%. In cambio, il Giappone si è impegnato ad aprire il proprio mercato e a effettuare ingenti investimenti negli Stati Uniti: vedi GNL-Gas Naturale Liquefatto.
Pick up Toyota Tundra

Il Giappone dopo l’UE

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Quindi Trump vince contro l’UE (che importerà energia ad alto costo USA al posto di quella a bassissimo costo della Russia) e contro il Giappone partendo dall’auto. Una concessione alle richieste dell’amministrazione USA. E un effetto slavina: prima Stellantis, poi Toyota, a seguire altre società auto e no. Notevole il colpo yankee in termini di sicurezza stradale e ambientale: in USA gli standard sono inferiori rispetto a quelli di UE e Giappone. Ma questi due accettano l’import di auto fatte negli States, per cui quelle vetture entrano di diritto nel mercato estero senza se e senza ma. Non si passa per omologazioni, Motorizzazioni o altro: procedure carissime e dagli esiti incerti.

Auto: l’UE ci perde, il Giappone ci guadagna

Con una differenza: l’UE ci perde, il Giappone ci guadagna. Infatti, noi stiamo andando verso un mercato auto stradominato dalla Cina, con le elettriche di Pechino imbattibili. Al contempo importeremo macchinoni dagli USA. E faremo vetture termiche negli States e per gli States. Invece, il Giappone avrà sempre le proprie aziende che produrranno e venderanno sia in loco sia all’estero.