Ci mancava il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism) dell’Unione Europea a pressare le Case auto. Parliamo del meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere. I costruttori stanno già dedicando risorse significative alla rendicontazione del CBAM, impegnati a rispettare gli obblighi quando questo entrerà nella sua fase definitiva nel 2026. Tuttavia, a soli due mesi dall’inizio dell’applicazione degli oneri, molti dettagli critici di implementazione restano sconosciuti, denuncia l’Acea (lobby aziende auto in UE). Dopo ban termico, multe di 16 miliardi UE a chi sgarra, tutto elettrico 2035 con invasione cinese, regole stracolme di burocrazia e cavilli, ecco un’altra grana.
Adeguamento del carbonio UE: ennesima mazzata
La produzione di veicoli è tra i settori più colpiti dal CBAM. Le Case importano e lavorano grandi volumi di acciaio e alluminio: il loro ruolo nel corretto funzionamento del meccanismo è essenziale, data la necessità per gli operatori di poter riportare in modo corretto e preciso le emissioni incorporate delle loro importazioni. Tuttavia, la Commissione Europea deve ancora pubblicare i dettagli su come debbano essere applicati elementi importanti:
- metodologie di calcolo delle emissioni;
- valori predefiniti;
- vendita e riacquisto dei certificati CBAM;
- ruolo dei verificatori accreditati.
Questo rende la corretta implementazione entro il 1° gennaio 2026 impossibile, ha dichiarato il direttore generale Acea Sigrid de Vries: “Chiediamo alla Commissione Europea di pubblicare i testi richiesti il prima possibile e di comprendere la necessità di flessibilità per quanto riguarda le richieste poste agli operatori il prossimo anno”.
Gli obiettivi teorici del CBAM: auto centrale
Il target numero uno è prevenire la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio: l’UE impone standard ambientali rigorosi e un prezzo sul carbonio ai suoi produttori interni. Senza il CBAM, le aziende europee potrebbero essere incentivate a trasferire la produzione in Paesi extra-UE con politiche climatiche meno ambiziose. Produci dove si inquina. Anche le Case auto. Che potrebbero importare più prodotti ad alta intensità di carbonio. Il CBAM impedisce che gli sforzi di riduzione delle emissioni dell’UE siano vanificati da un aumento delle emissioni al di fuori dei suoi confini. Si intende controllare tutto e ovunque, incoraggiando i Paesi a stabilire proprie politiche di prezzo del carbonio o a utilizzare pratiche di produzione più pulite.

Si paga tutto e tanto
Il CBAM impone un costo equivalente al carbonio sui beni importati nell’UE che rientrano in settori ad alta intensità di carbonio: riguarda prodotti come cemento, ferro e acciaio, alluminio, fertilizzanti, idrogeno ed elettricità. Gli importatori europei dovranno acquistare certificati CBAM il cui prezzo è legato al prezzo delle quote di carbonio del sistema EU ETS (Sistema per lo Scambio di Quote di Emissione dell’UE). Se un produttore extra-UE può dimostrare di aver già pagato un prezzo del carbonio nel Paese di origine per le emissioni incorporate, l’importatore può richiedere una riduzione del numero di certificati CBAM da acquistare.
Dal 1° ottobre 2023 al 31 dicembre 2025 gli importatori hanno l’obbligo di monitorare e comunicare le emissioni incorporate nelle merci importate, ma non devono ancora pagare oneri finanziari. Dal 1° gennaio 2026, il meccanismo entra pienamente in vigore, e gli importatori autorizzati dovranno acquistare e consegnare i certificati CBAM per coprire le emissioni incorporate nelle loro merci.
Ban termico 2035, l’eterna attesa
In parallelo, si resta in attesa sulla revisione delle regole CO2 delle auto. Non si sa ancora niente su E-Car del Dialogo Strategico collegato al Piano d’Azione, delle PHEV come alternativa alle BEV. Mentre di certo le fabbriche chiudono e la disoccupazione diretta e dell’indotto dilaga.
