Un milione di automobilisti disperati nel Bacino Padano perché le loro diesel Euro 5 verranno paralizzate da norme regionali in recepimento delle direttive UE Green Deal: ora arrivano gli ambientalisti ad alimentare le polemiche, sostenendo che al prossimo giro sia la volta degli Euro 6. Come dire: per ora una gran parte, poi anche gli altri. È la crociata anti gasolio.
Sentiamo gli ultra verdi, con tabella allegata in basso: “L’enorme danno per inquinamento atmosferico arrecato da una persona che si sposta in città con un’auto Euro 5: 1 €cent per chilometro percorso. Vietarne la circolazione è inevitabile. E i proprietari di Euro6 non si illudano: al prossimo giro toccherà a loro”.
Il diesel, indipendentemente dalla sua classe Euro, è il nemico da eliminare quindi. In forte contrapposizione con le diverse esigenze della società: non ci sono soldi per cambiare macchia. Che si fa: tutti a casa? Nessuno lavora? Si vive di redditi statali?

Cosa succede
In Italia, a partire dal 1° ottobre 2025, scatterà il blocco alla circolazione per i veicoli diesel Euro 5 (immatricolati tra il 2009 e il 2015) nei comuni con oltre 30.000 abitanti situati in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia‑Romagna. Quanti veicoli saranno coinvolti? Un milione (secondo l’ACI, in tutta Italia ci sono circa 3,7 milioni di auto diesel Euro 5, pari all’8,8 % del totale del parco auto nazionale). La Direttiva UE Green Deal, recepita a livello regionale, si traduce in un inferno. Questi veicoli, immatricolati tra il 2009 e il 2015, si troveranno paralizzati nelle principali città della Pianura Padana. Niente auto, zero mobilità. I mezzi pubblici? Tutti intendono stare alla larga per sporcizie, inefficienze, micro criminalità, borseggiatrici, costi elevatissimi. La vettura è vitale per lavoro, famiglia e vita quotidiana. L’inaccessibilità rappresenta una minaccia alla libertà di movimento e alla sussistenza economica. La disperazione di questi automobilisti è anche dovuta al fatto che l’usato meno vecchio diventa carissimo: più un oggetto è desiderato, più costa.
Soluzione politica dell’Italia: attenzione all’UE
Di fronte a un potenziale scontento così vasto, la politica cerca soluzioni. La Lega ha presentato un emendamento al decreto Infrastrutture per posticipare di almeno un anno lo stop alle auto diesel Euro 5, spostando la data al 1° ottobre 2026. Ciascuna Regione – qualora l’emendamento diventi legge – sceglierà autonomamente se attivare subito la “trappola” o farla slittare. La posizione del ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, è chiara: “ull’Euro 5 la competenza è regionale, i piani degli enti della Pianura Padana devono prevedere un percorso”. Lombardia, Piemonte e Veneto hanno espresso il loro sostegno: sì al rinvio del blocco. Silenzio della rossa Emilia-Romagna: lì gli automobilisti tremano ancor più.
Se la Regione fa slittare il blocco, deve rispettare un obbligo di tutela ambientale: il calo delle emissioni va recuperato attraverso provvedimenti compensativi nell’industria e nell’agricoltura. Siccome il decreto Infrastrutture numero 73 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 maggio 2025, il Parlamento deve dire o sì o no entro due mesi. Insomma, per i proprietari quelle macchine, ci sarà ancora da tremare. Occhio: multa di 168 euro a chi non obbedisce. Oltretutto, Bruxelles ci guarda con la lente d’ingrandimento: o si inquina meno facendo fuori i diesel, o dall’UE arrivano multe fortissime. Che si sommano ad altre ammende pesantissime per i rifiuti e per altro. Siamo dentro questo meccanismo: le regole vanno accettate. La Gran Bretagna ha fatto una scelta differente, con pro e contro.
Mobilità UE in tilt
Da una parte, si la guerra degli ambientalisti duri e puri contro il diesel. Dall’altra, non ci sono bonus per comprare elettrico. Come si esce da questa situazione che toglie il sonno? Per adesso, il dramma è del Nord: Regioni e Comuni paralizzano le diesel. Fra qualche tempo, anche al Sud potrebbero iniziare a piazzare limitazioni alla circolazione: lì dove le macchine vecchie a gasolio sono le regine assolute. Altroché Euro 5.
Diesel, inquinamento e batterie: tanti dogmi ideologici
Il problema non è solo ambientale, ma anche di salute pubblica. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato gli effetti negativi degli inquinanti atmosferici, in particolare le polveri sottili (PM2.5, PM10) e gli ossidi di azoto (NOx), sulla salute umana, causando malattie respiratorie, cardiovascolari e tumori. Cosa c’è alla radice? Caldaie vecchie, scarichi industriali, mezzi pubblici vetusti. Davvero minima la quota delle auto in UE. Microscopica la quota delle auto nel mondo, se si fa un paragone con Cina, India, USA. Oltretutto, l’alternativa non è qualcosa di certamente pulito al 100%, in quanto fare e smaltire la batteria delle elettrica inquina tantissimo, senza contare che la gran parte dell’elettricità deriva dal carbone. Col dogma ideologico del full electric, si ha notevole successo in UE grazie alle lobby green, specie della sinistra tedesca. Ma la realtà è molto più complessa e articolata, sebbene qualcuno finga di non saperlo in un gioco di potere che danneggia il consumatore, e non certo chi vive in una torre d’avorio.

La Cina diviene devastante sotto il profilo economico
Inquinamento e salute a parte, valutando la questione sotto il profilo squisitamente economico, il Green Deal UE e la guerra al termico, specie al diesel pulito Euro 5, sono regaloni involontari alla Cina. Che passa all’incasso senza neppure dannarsi l’anima. Lo strapotere del Dragone nella filiera del full electric era nota da anni. Vadasi magneti e terre rare: il Commissario europeo per la strategia industriale Stéphane Séjourné ha esortato i Paesi membri a rendersi sempre meno dipendenti da singoli fornitori cinesi. Sì. Ha esortato. Al di là di un incitamento, poi c’è un progetto con miliardi di euro di investimento per combattere contro la Cina? No.