La filiera automobilistica italiana lancia l’allarme: rischio chiusura al 31 dicembre 2024

Ippolito Visconti Autore News Auto
Le conseguenze della transizione energetica imposta all’intero settore dalle istituzioni europee si fanno pesantissime.
fabbrica auto

L’auto elettrica voluta dall’Ue porta sciagure. Francesco Borgomeo, presidente di Unindustria Cassino, in un’intervista all’Ansa ha illustrato le paure delle imprese del Lazio. Ha parlato di possibilità di una grande mobilitazione pur di far sentire la voce del comparto alle istituzioni: serve “cambiare strada” per sopravvivere. “Faremo una manifestazione pubblica, forte, degli imprenditori che diranno: o condividiamo nuove regole o queste sono le chiavi delle imprese, ve le portiamo perché tanto qui non c’è più prospettiva”. Gli scarsi volumi della fabbrica Stellantis di Cassino e della richiesta di Cig per Atessa preoccupano. C’è pure l’ipotesi di chiusure di impianti paventata in Germania dalla Volkswagen.

Richiesta al governo Meloni 

Unindustria Cassino chiede al governo strumenti straordinari per affrontare la situazione: risorse per gli investimenti, centri di ricerca. Subito, serve una proroga dello stop della cassa integrazione previsto a fine anno. Se no, “sarà uno scacco matto: al 31 dicembre 2024 si chiudono le aziende”.

Come disse Marchionne

Il guaio è l’approccio ideologico che ha portato allo stop alla vendita di motori termici per il 2035: “Come disse Marchionne, noi siamo pronti a costruire una transizione verso le auto elettriche. Ma deve esserci una effettiva produzione di energia da fonti rinnovabili. Altrimenti è tutto finto, una truffa: parliamo, comunque, di energia da fossile”. 

Ecco l’idea: “Vogliamo che al 2035 tutto il parco auto europeo sia almeno Euro 6. Ciò porterebbe un miglioramento enorme dal punto di vista delle emissioni e della sicurezza mantenendo in vita una filiera e le fabbriche che nel frattempo si orienteranno verso altro”. Altrimenti, si venderanno solo macchine elettriche, ma ci sarà un parco auto che avrà trent’anni, ammazzando l’industria e danneggiando anche i consumatori. Il cosiddetto effetto Cuba, con tantissime vetture vecchie in circolazione. 

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Problema mondiale

Comunque, il guaio è a livello planetario. A inizio settembre, Stellantis ha momentaneamente sospeso la produzione di due modelli Jeep negli Stati Uniti, dice il Wall Street Journal. Il Gruppo ha confermato le indiscrezioni, parlando di adeguamenti della produzione nei due stabilimenti di Detroit (Grand Cherokee) e in quello di Toledo, Ohio (Wrangler). A quanto pare, proprio oggi la produzione potrebbe ricominciare. Ma la società ha intenzione di verificare la possibilità di un secondo stop nelle prossime settimane. Gli adeguamenti della produzione sono tra le azioni considerate necessarie per smaltire le scorte: si produce troppo rispetto alla domanda. Si intende migliorare una situazione di sofferenza per le fabbriche statunitensi. Ricordiamo che l’ultima semestrale del Gruppo ha deluso. 

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