L’auto elettrica europea perde i pezzi: cade il governo in Francia

François Bayrou non incassa la fiducia e, appena nove mesi dopo aver ricevuto l’incarico, conclude la sua esperienza da primo ministro in Francia: l’auto elettrica europea perde i pezzi.
L’auto elettrica europea perde i pezzi L’auto elettrica europea perde i pezzi

Lobby verdi UE e media fiancheggiatori con le mani nei capelli: l’auto elettrica europea perde i pezzi con la Francia a un millimetro dal fallimento. François Bayrou non incassa la fiducia e, appena nove mesi dopo aver ricevuto l’incarico, conclude la sua esperienza da primo ministro. Proprio la nazione che ha spinto per:

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  • Green Deal auto elettrica 2019 (con la Germania);
  • leasing sociale auto elettrica;
  • extra bonus anti Cina con tripla barriera protezionistica;
  • Eco-score;
  • crediti di carbonio;
  • vantaggi per chi ha il nucleare (la Francia);
  • multe alle Case per la CO2;
  • ban termico 2035.

La Francia e il suo Green Deal auto elettrica sulle spalle dei contribuenti

Chi paga incentivi, bonus, leasing sociale, idee verdi? Lo Stato. Ossia i contribuenti. Va tutto a (brutto) debito, finché si forma il super debito (orribile). Si va verso il mega deficit, il baratro, la fine. Addirittura, la censura a Bayrou è passata con 364 voti a favore e 194 contro. Significa che il piccolo centro del presidente Emmanuel Macron è divenuto micro: abbandonato dalla sinistra, ormai stufa di queste spese assurde. La destra attende le dimissioni, ma si va verso l’ennesimo premier pur di restare al potere.

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All’orizzonte un anomalo accrocchio in stile tedesco: una coalizione che tira dentro di tutto. Chiaro: Macron vuole dire la sua su auto elettrica UE, Ucraina, Medio Oriente, dazi USA, rapporti con la Cina e con la Russia. Che sia un monito per l’Europa tutta: ecco il risultato di politiche sinistroide con lo Stato a supporto del tutto verde senza criterio. Si ha un deficit che è il 116% del PIL. 

disoccupazione auto

Dramma disoccupazione auto e indotto

Sentite la Clepa (indotto UE), considerando la misera quota mercato delle BEV al 15% nonostante il doping di aiuti e multe: nel 2024, i fornitori hanno segnalato tagli per oltre 54.000 posti di lavoro e già quest’anno sono stati annunciati altri 22.000 posti di lavoro persi. Questo non è il risultato di un passaggio ritardato alla mobilità elettrica, ma deriva da un problema di competitività più profondo, con chiusure e fallimenti che ora causano una quota crescente di perdite di posti di lavoro. Colpisce tutti i dipendenti lungo la catena di fornitura, dagli operai specializzati agli ingegneri certificati, a indicare che la fattibilità della transizione è messa a dura prova più che mai. 

Viceversa, aggiungiamo noi, lo tsunami vero sulla produzione diretta non è ancora arrivato: si nota l’onda altissima in lontananza.

Occhio alle lobby green il 12 settembre

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Il tutto mentre il 12 settembre si decide il futuro dell’auto col Dialogo Strategico: con la Francia ko e la Germania poco stabile, le lobby green dovranno sfoderare una pressione fortissima sulla Commissione Ue (con maggioranza risicata) affinché si prosegua sulla strada del full electric.

Un’instabilità senza precedenti per la V Repubblica, in un momento delicatissimo per il Paese: procedura di infrazione UE, sorvegliato speciale di agenzie di rating e mercati. In un effetto domino straziante, Berlino è lì a un passo. Lo hanno dimostrato le sconfitte delle sinistre alle elezioni politiche UE.

Green Deal UE 2019 auto elettrica: che si fa a sei anni di distanza?

Giovedì il presidente della Commissione Ursula von der Leyen terrà un discorso complicatissimo sulle condizioni dell’Unione, con l’incarico contestato dai gruppi della sua stessa maggioranza: al centro dei guai, l’auto elettrica del Green Deal UE 2019, quando la Commissione era fortissima, con Berlino e Parigi e le sinistre a supporto. Dopo i pasticci verdi ecologisti, la situazione è terribilmente complessa, innanzi a potenze sempre più muscolose come USA, Russia e Cina.