Materie prime critiche per l’auto elettrica: Europa nei guai

Auto elettrica UE: sono dolori senza catene di approvvigionamento. UE alle prese sia con le di restrizioni all’esportazione di terre rare della Cina sia coi dazi USA.
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Il Green Deal auto elettrica 2019 con ban termico UE 2035 ha fatto i conti senza l’oste: Cina e USA. A fine 2025, l’Europa si trova alle alle prese sia con le restrizioni all’esportazione di terre rare, batterie e materiali da parte di Pechino sia coi dazi di Trump. È fra incudine e martello. Manca all’Unione Europea una strategia a lungo termine per garantire catene di approvvigionamento essenziali per le BEV. 

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La soluzione di T&E passa per il piano ReSourceEU

L’associazione verde Transport & Environment pensa che tutto passi per il piano ReSourceEU: una proposta strategica dell’Unione Europea, sul modello di RePowerEU (il piano per l’energia), volta a garantire una fornitura resiliente e sostenibile di materie prime critiche. Questo piano può essere la chiave della rinascita, dice T&E. Servono capitale, proprietà ed esecuzione dei progetti per combattere il Dragone, che continua a dominare le catene di approvvigionamento globali della tecnologia pulita (clean-tech). L’AIE (Agenzia Internazionale dell’Energia) stima che Pechino processi circa il 70% del litio globale, il 78% del cobalto e quasi tutto il manganese e il grafite per le batterie auto elettriche.

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Per T&E occorre andare oltre gli accordi e investire direttamente (tramite capitale o partecipazioni azionarie) in progetti strategici di estrazione e lavorazione. E aumentare la produzione interna (estrazione, lavorazione e riciclo) rafforzando le partnership internazionali con Paesi che condividono gli stessi valori. Serve adottare un approccio coordinato a livello di Unione per massimizzare l’impatto degli investimenti nazionali e promuovere una politica industriale intelligente. Creare infine mercati per garantire un commercio stabile e prezzi equi, utilizzando meccanismi come i prezzi minimi o i contratti per differenza per contrastare la volatilità del mercato.

CO2 emissioni

CO2: l’anomala battaglia UE, sempre più sola

A livello di CO2 l’UE conta quasi zero, come si evince dal grafico su. La soluzione a nostro avviso è la cancellazione di quelle politiche assurde col ritorno immediato a benzina e diesel, per tornare a essere leader e indipendenti. L’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale ISPI reammenta che lunedì prenderà il via la COP30, ma senza Cina, India, Russia e Stati Uniti. I big non ci sono, quelli che contano. Insieme, nel 2024, questi Paesi erano responsabili di oltre il 50% delle emissioni globali di CO2. Pechino continua a fare ampio uso del carbone, restando leader negli investimenti nelle energie rinnovabili. Gli Stati Uniti confermano un netto cambio di direzione, iniziato nove mesi fa con l’uscita dagli Accordi di Parigi. E i dazi imposti rischiano di rallentare la decarbonizzazione, non solo americana ma anche globale. Dopo 30 dalla prima COP, l’obiettivo di contenere il riscaldamento terrestre entro +1,5°C è andato.

Retromarcia immediata

Secondo noi, l’UE combatte contro i mulini a vento: l’auto elettrica crea solo disoccupazione. I nostri dubbi. A distanza di sei anni dal Green Deal, coi bonus che drogano il mercato, con una quota elettrica ridicola al 15% nonostante l’oceano di km zero che fa da doping, adesso l’UE ancora si interroga su come lanciare le BEV. Divenendo indipendenti dalla Cina. Ormai la frittata è fatta: sarebbe ora di innescare la retromarcia abbanbonando l’ideologia della batteria che non inquina e salva il mondo. Fare a livello di Unione quello che le Case fanno da tempo: tornare al termico. Perfino i costruttori di Gruppi cinesi (Volvo di Geely) – che puntava sul tutto elettrico 2030 – ci ha ripensato.