L’Autorità dei Trasporti ha approvato nuovi sistemi tariffari per le concessioni autostradali. Molti siti web si sono affrettati a dire che adesso i pedaggi 2026 e futuri caleranno e gli automobilisti potranno sorridere grazie a risparmi mirabolanti. Dopo le lacrime per le tasse. È così davvero?
Pedaggi ieri
La formula matematica per arrivare al pedaggio è roba da scienziati: chissà perché si deve per forza fare cose complicate in Europa. Forse per arrivare secondi dietro Cina, USA e Russia e mille altre nazioni. Comunque, per semplificare al massimo, ieri lo Stato dava le autostrade in concessione ai privati. Se questi promettevano investimenti programmati, allora ecco che si fissavano i pedaggi. Lo Stato riconosceva tutto in anticipo. In più, serviva un numero basso di incidenti: meno sinistri, più pedaggi, come premio per una maggiore sicurezza.
Pedaggi oggi
Adesso, c’è il principio base del pay per use: c’è il riconoscimento in tariffa degli investimenti effettivamente realizzati. Quelli programmati non contano. Resta il tema della sicurezza.
I pedaggi scendono?
Risultato: i pedaggi possono scendere, restare tali e quali, salire. Non lo sa nessuno. La verità? Resta pur sempre il rischio che le tariffe salgano e che gli automobilisti piangano.
C’è un cambio di paradigma fondamentale rispetto al passato. Che mira a garantire un corretto bilanciamento tra la sostenibilità economico-finanziaria delle concessioni, l’effettiva realizzazione degli investimenti e la necessità di contenere i costi per l’utenza, promuovendo una gestione più improntata a criteri di efficienza, responsabilità e trasparenza. Lo dice l’Autorità dei Trasporti. La quale correttamente non parla di pedaggi più bassi.
Gli elementi in gioco per definire i pedaggi
Il tasso di remunerazione del capitale investito viene allineato a valori di mercato. Le voci relative alla remunerazione del capitale investito sono legate agli investimenti realizzati. Arrivano nuovi criteri per misurare l’equilibrio delle concessioni, con meccanismi di compensazione in caso di disequilibri. In più, sbarcano gli indicatori per monitorare la performance, incentivando efficienza e qualità del servizio. Le nuove regole valgono per le concessioni da gennaio, con misure transitorie per quelle vigenti. Si avranno la verificabilità delle variabili economiche, l’accesso equo e non discriminatorio all’infrastruttura, l’uniformità dei criteri di contabilità regolatoria e ottimizzazione delle previsioni di traffico e gestione del rischio.

Gli scenari: tra ottimismo burocratico e realtà del portafoglio
Il futuro della mobilità autostradale italiana si muove oggi su un crinale di profonda incertezza. Il primo scenario prefigura una stabilità tariffaria o una lieve flessione: premiando solo le opere effettivamente cantierizzate, si eliminerebbe quella rendita finanziaria sugli investimenti promessi. In questa visione, l’efficienza gestionale e il calo del costo del capitale dovrebbero tradursi in un beneficio diretto per l’utente. Tuttavia, esiste uno scenario grigio: la necessità di ammodernamento della rete, che sconta decenni di usura e richiede interventi strutturali su ponti e gallerie, potrebbe generare una mole di investimenti realizzati tale da annullare qualsiasi risparmio teorico. Il pay per use si trasformerebbe in un paradosso: più le concessionari aprono cantieri per mettere in sicurezza la rete, più i pedaggi potrebbero salire per remunerare quegli stessi capitali. Il passaggio dalle vecchie convenzioni ai nuovi criteri di contabilità regolatoria potrebbe innescare una stagione di ricorsi da parte delle società concessionarie, decise a difendere i margini di profitto storici.
