Prima trimestrale 2025 Gruppo Volkswagen: utile crollato

Sofferenza per il Gruppo Volkswagen nel primo trimestre 2025, con una combinazione di fattori negativi.
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Il Gruppo Volkswagen nei primi tre mesi 2025 soffre parecchio: conta poco che il fatturato sia cresciuto del 2,8% circa a 77,6 miliardi di euro, perché l’utile operativo è crollato di oltre il 36,9%, passando dai 4,6 miliardi dei primi tre mesi del 2024 a 2,9 miliardi, per un margine quasi dimezzato dal 6% al 3,7%. Volkswagen. C’è pure un calo della liquidità netta per le attività automotive dai 34,4 miliardi di fine 2024 a 33 miliardi.

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Prima trimestrale 2025 Gruppo Volkswagen: i perché del ko

Prendi la concorrenza delle Case cinesi nel Celeste Impero, ci aggiungi l’invasione delle vetture dal Paese del Dragone in Europa, sommi i soldi accantonati per le multe 2026 dovute alle normative sulle emissioni di CO2 di Bruxelles. Nel cocktail indigesto ci entrano la ristrutturazione della divisione informatica Cariad, ancora le conseguenze del Dieselgate 2015, la rivalutazione dei veicoli in transito lungo la catena logistica e soggetti ai dazi USA. Proprio le tariffe di Trump sono un punto di domanda gigantesco sul capo dei costruttori: questo vale anche per Stellantis.

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In estrema sintesi, VW consegna più auto (+1,4%) ma ne produce meno (-3,2%): da valutare se questi due elementi messi insieme rappresentino un dato positivo o negativo. Auto elettriche con ordini a +64%: notevole. È la divisione Sport Luxury a deludere col -44%.

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Massima prudenza VW per i prossimi mesi

Wolfsburg fa leva su una raccolta ordini in crescita del 29% in Europa occidentale, ma questo non basta. Neppure è sufficiente che le sue elettriche comincino ad andare bene. Le indicazioni del gigante teutonico per i prossimi mesi sono improntate alla massima prudenza. Il fatturato potrebbe essere in crescita del 5% massimo e l’utile operativo è atteso tra il 5,5% e il 6,5%. Per le attività auto, flussi di cassa futuri tra 2 e 5 miliardi e una liquidità netta tra 34 e 37 miliardi. Dopodiché, bisogna capire i dazi USA quanto impatteranno, come una sorta di variabile impazzita tale da far saltare ogni pronostico. 

Sentiamo Arno Antlitz, CFO e COO del colosso: “Come previsto, il Gruppo Volkswagen ha avuto un inizio di anno fiscale altalenante. Le nostre auto sono state accolte molto bene. Gli ordini in Europa occidentale sono aumentati significativamente e il nostro portafoglio ordini si sta riempiendo rapidamente. Inoltre, un’auto su cinque venduta in Europa occidentale è ora completamente elettrica, con le vendite nel primo trimestre più che raddoppiate. Allo stesso tempo, questo successo di mercato delle nostre auto elettriche esercita una pressione sui nostri risultati. Un margine operativo di circa il quattro percento mostra chiaramente che abbiamo ancora molto lavoro da fare. Data l’attuale volatilità della situazione economica globale, è ancora più importante concentrarsi sulle leve sotto il nostro controllo. Ciò significa integrare la nostra ampia gamma di prodotti con una base di costi competitiva, in modo da poter garantire il successo anche nei mercati globali in rapida evoluzione”.

Dazi USA, quali possibili contromisure

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Porsche, senza produzione negli Stati Uniti, sostiene che i dazi abbiano causato un danno di almeno 100 milioni di euro solo ad aprile e maggio 2025. Il Gruppo Volkswagen è fortemente esposto alle tariffe USA, con il marchio premium Audi che non ha fabbriche negli States, sebbene possa creare un sito in cui costruire alcuni dei suoi modelli più venduti sul mercato. Wolfsburg valuta di produrre più modelli in Nord America, incluso potenzialmente un nuovo stabilimento in costruzione per il marchio Scout nella Carolina del Sud.

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Energia, tanta paura per l’auto

Per la precisione, i top manager dell’azienda parlando di “un contesto caratterizzato da incertezza politica, crescenti restrizioni commerciali e tensioni geopolitiche, intensificazione della concorrenza, volatilità dei mercati delle materie prime, dell’energia e dei cambi e requisiti più rigorosi in materia di emissioni”. A proposito, il costo dell’energia fa paura a tutti i Gruppi auto in Germania, a ogni industria energivora tedesca (l’anima dell’economia teutonica). Senza gas russo, aggiungiamo noi, elettricità e oro blu sono destinati a schizzare alle stelle, mentre le rinnovabili spagnole col blackout da incubo e i timori di un’assenza di stoccaggio sollevano inquietanti interrogativi su solare ed eolico. Col costo dell’energia stellare, la Cina automotive si allontana, avendo spese inferiori, senza parlare della manodopera che pesa meno nel Regno di Mezzo.

Berlino, con la mania del Green Deal UE, s’è data la zappa sui piedi, favorendo la Cina con le sue auto elettriche: adesso la politica non sa come uscirne, mentre la disoccupazione è un guaio sempre più sentito. Basti pensare ai fornitori di componentistica legati sia a VW sia ad altri Gruppi germanici. Occhio perché gli esperti non sono sicuri che la vera tempesta – legata al ban termico imposto e al prezzo lunare dell’energia – sia giunta alle porte di Brandeburgo.

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Nel frattempo, se l’UE non è riuscita a imporre a privati e imprese le full electric, un secondo tentativo può arrivare dalle flotte: obbligo di elettrificazione. Un po’ debole, confusa e disordinata invece l’idea del leasing sociale elettrico per i meno abbienti.

Alternativa ibrido plug-in EREV

Ecco perché sia il Gruppo VW sia altri costruttori spingono per l’ammorbidimento del ban termico 2035. La prima soluzione è un ibrido plug-in a bassissimo impatto ambientale, la seconda le EREV, ibride elettriche col motore termico a benzina. Ma le lobby ultra green di Bruxelles si oppongono con un no chiaro e definitivo, dopo essersi assai indispettite per un’ipotetica versione meno pesante delle multe UE 2026 a chi sfora i limiti sulle emissioni nel 2025.

In tutto questo, la Cina gode grazie alle regole verdi UE. Oggi vende in Europa le ibride plug-in grazie al controllo totale della filiera della batteria. Domani aggredirà tutto il mercato elettrico 2035 facendosi beffa dei dazi anti vetture full electric Made in China: costruisce in Europa il made by China e ha margini di profitto immensi.

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