Unione Europea automotive sempre più provata: dopo il fallimento totale dell’elettrico, ora la disputa sempre più accesa tra l’unità europea del colosso dei semiconduttori Nexperia, controllato dalla Cina, e la sua Casa madre asiatica. Trattasi di una crisi di approvvigionamento che mette in ginocchio i produttori. Dopo il guaio dei microprocessori del 2020, erano volati annunci roboanti a livello politico su una rete di protezione futura. Ora, a fine 2025, siamo messi peggio di ieri.
Rischio boomerang con la crisi chip Nexperia
I fornitori che prendono i componenti da Nexperia per girarli alle Case cercano altre soluzioni: servono più soldi per stipulare contratti in momenti di necessità con la controparte che fa il prezzo. Eppoi occorre attendere omologazioni e creazione dei vari passaggi fra gli intermediari. Morale: l’UE attende che Pechino faccia qualcosa per sbloccare la situazione di paralisi. Intanto, aspetta pure le terre rare e le batterie dalla Cina per fare le auto elettriche. Un bel quadretto industriale del settore chiave in Europa, non c’è che dire. I clienti più grandi starebbero negoziando per acquistare i wafer direttamente dalla fabbrica di Amburgo (UE).
Sì, ma è un caos: organizzarne il trasporto in Cina, incaricare lo stabilimento di Dongguan del solo imballaggio. Scavalcando all’improvviso la superpotenza asiatica. Sono progetti da studiare con una strategia di ampio respiro: no a improvvisazioni deleterie.
Ma scherziamo? Qui le cose rischiano di peggiorare: si scherza col fuoco. Si fa inquietare il Dragone automotive ancora di più. Non è il caso di trattare Nexperia come due entità separate, consentendo ai clienti di aggirare lo stallo finanziario. Senza dimenticare i clienti più piccoli, che non hanno la capacità logistica e contrattuale di gestire una matassa così tanto imbrogliata. Serve diplomazia, trattare col più forte capendo quali siano le richieste. Magari sul tavolo delle trattative il Celeste Impero può piazzare i dazi UE anti auto elettriche cinesi.

Allarme rosso
La crisi è esplosa dopo l’intervento a gamba tesa del 30 settembre da parte del governo olandese, che ha assunto il controllo di Nexperia Paesi Bassi citando preoccupazioni per la sicurezza economica e il rischio di trasferimento tecnologico in Cina da parte della società madre, Wingtech. Con la sospensione del CEO cinese, accusato di gravi carenze di governance e appropriazione indebita. Accuse respinte da Pechino che si è ribellata non spedendo più i processori all’Europa. Dietro, c’è la pressione USA e UE sui Paesi Bassi in una sorta di conflitto commerciale contro la Cina. Un pasticcio epocale.
Di quali chip parliamo? Non quelli dei sistemi di infotainment o guida autonoma, ma dei semiconduttori semplici e onnipresenti prodotti da Nexperia per la gestione dell’energia, degli alzacristalli elettrici, dei freni. Nexperia produce i wafer di silicio (la materia prima dei chip) nei suoi stabilimenti europei, ad Amburgo, che vengono spediti in Cina, a Dongguan, dove avviene la fase di packaging (taglio e imballaggio) per poi sfornare il chip e ritornarlo in UE. Quando l’unità olandese ha interrotto le spedizioni di wafer, il Dragone ha chiuso i rubinetti.
Urlo di dolore
Volkswagen, Hella, Bosch e Honda lo hanno ammesso, mentre altri sono silenti. Comunque, i guai sono per tutti: a corto di forniture essenziali. La produzione di alcune auto e componenti è stata danneggiata. Si teme la paralisi della produzione di auto, ha detto l’Acea, l’Associazione costruttori europei.
