Sapete qual è il Paese più importante per Stellantis dopo gli USA? La Francia. Lo ha affermato Antonio Filosa per rassicurare i francesi. Quindi, la classifica virtuale vede in testa gli States, poi Parigi. A questo punto, c’è da capire la posizione dell’Italia. Il CEO ha incontrato i cinque principali sindacati transalpini (Cfe-Cgc, Fo, Cftc, Cfdt e Cgt) presso il Green Campus di Poissy: conferma 2 miliardi di investimenti in Francia nel 2025 e annunciando 1.400 assunzioni nel 2026 a tempo indeterminato, di cui 700 colletti bianchi e 700 colletti blu destinati alla produzione e alla manutenzione. Nel solo 2025 l’azienda assunti 1.200 persone (800 operai e 400 impiegati), il doppio del 2024. I rappresentanti dei lavoratori avevano protestato perché a loro dire Stellantis accentra le attività tra Stati Uniti e Italia. Di qui la replica: la Francia è il Paese in cui il Gruppo ha investito di più.
Per Stellantis la Francia è seconda
Filosa ha ribadito il ruolo chiave della Francia, rappresentando la seconda fonte di profitto mondiale e la prima in Europa per il Gruppo. Stellantis conta 12 siti produttivi e 39.000 dipendenti sul territorio francese: il 15% degli organici globali. La nazione ospita il 22% della ricerca e sviluppo più il 30% degli ingegneri e quadri di Stellantis. “La Francia è fondamentale per il successo di Stellantis e della regione Europa allargata”, ha evidenziato l’ad.
Dove va la società euroamericana
A nostro giudizio personale, con un’Europa stanca vecchia e malata per via della moda ultra green dell’auto elettrica che porta solo disoccupazione, Stellantis sposta eccome il baricentro verso gli Stati Uniti: qui sono stati annunciati investimenti per 13 miliardi. In subordine l’UE: il 20 ottobre il CEO ha incontrato i sindacati a Mirafiori confermando il Piano Italia con i suoi i 2 miliardi di investimenti per il 2025 (oltre a 6 miliardi in acquisti da fornitori italiani) più 400 assunzioni a Torino per la nuova Fiat 500 ibrida nel 2026. Adesso, ecco la Francia, comunque seconda.
Auto elettrica, che flop
Durante l’incontro, Filosa ha anche detto: “Il ritmo di adozione dei veicoli elettrici non corrisponde alle esigenze dei clienti né alla realtà economica del settore”. L’ad è in linea con le posizioni dell’Acea, la necessità di una regolamentazione neutrale dal punto di vista tecnologico, capace di sostenere una decarbonizzazione compatibile col mercato. Il futuro dell’automotive europeo passa per una nuova generazione di veicoli elettrici più compatti e accessibili.

La triste fine dell’auto elettrica: le famiglie la usano così
D’altra parte, in Europa stravincono le auto termiche con l’85% di quota mercato: 15% all’elettrico grazie al doping km zero e incentivi, insomma con aiuti arbitrali a favore di una squadretta debole. In Italia, le BEV sono relegate al nulla cosmico, con quel 5% frutto di autoimmatricolazioni forsennate. Ormai, privati e famiglie usano l’elettrica come seconda auto per brevissimi spostamenti: una sorta di scooter da impiegare senza ansia da autonomia, su percorsi urbani ristretti. Una vecchia carrozza a batteria. Quando le cose si fanno serie, entra in gioco la regina, l’auto termica o a benzina o ibrida (anche PHEV) o diesel: lunghi spostamenti, affidabilità, concretezza. Lo dimostrano anche i recenti incentivi in Italia, con le piccole elettriche vendute sotto costo. Non vanno bene in autostrada, neppure per le medie percorrenze di una scampagnata. Sono l’ideale per fare la spesa a un paio di km da casa.
