La presunzione dell’Unione Europea: vuole salvare il pianeta con l’auto elettrica

L’Europa è responsabile del 6% delle emissioni. Eppure ambisce a salvare il mondo dall’inquinamento grazie all’imposizione dell’auto elettrica.
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La pressione delle lobby green a Bruxelles è così forte da innalzare all’ennesima potenza la presunzione dell’Unione Europea: il Vecchio Continente è responsabile del 6% delle emissioni planetarie, eppure intende salvare dall’inquinamento la Terra con l’auto elettrica. Come svuotare un oceano col cucchiaino. Nel mentre, gli immensi inquinatori Cina, USA e India picchiano durissimo sul carbone, prendendo un vantaggio immenso su di noi, e allargando la forbice che ci separa da loro. Come se non bastasse, i verdi fingono di dimenticare che produrre batterie ed elettricità sporca tantissimo l’aria, mentre lo smaltimento degli accumulatori devasta le acque. 

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Nel suo rapporto 2025, il database gestito dal Centro comune di ricerca (JRC) della Commissione Europea indica che la quota dell’UE è scesa al 5,9% delle emissioni mondiali. L’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) attribuisce all’Unione Europea una quota di emissioni di CO2 da combustione di fossili che oscilla tra il 6% e il 7%.

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Paradosso auto elettrica

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In questa situazione pirandelliana, cercare di abbassare dal 100% al 90% il target di riduzione della CO2 non serve a nulla: occorre allinearsi agli States, entrare nella traiettoria della Casa Bianca e cercare di vendere auto termiche a benzina e diesel nei due grossi mercati (UE e America). Altrimenti, i Gruppi andranno in fuga verso Washington: il primo segnale arriva dai 13 miliardi di dollari di investimenti Stellantis da quelle parti. È solo l’inizio. Altre migrazioni di capitali sono imminenti.

Nel frattempo, l’Europa verrà invasa dalle macchine cinesi. In tutto questo, Pechino osserva di lontano e incamera gli involontari regaloni natalizi dei sinistroidi tedeschi, invadendo la Spagna e l’Ungheria, dove il costo dell’energia è basso.

Retorica da baretto

È un’Europa che si immola sull’altare della sostenibilità, mentre il resto del mondo alimenta le caldaie dello sviluppo con i combustibili fossili, delinea il profilo di un suicidio industriale annunciato. La retorica da baretto, con gli influencer spaventati per la perdita di potere con la retromarcia tedesca verso il termico, ammantata di un messianismo ecologista che sfocia nel dogmatismo, ignora le leggi elementari dell’economia e della termodinamica. Imporre il passaggio totale all’elettrico entro il 2035 è un atto di superbia geopolitica che trasforma il Vecchio Continente in un museo a cielo aperto, privo di fabbriche e schiavo delle potenze asiatiche. Saremo un ammasso di macchine usate vecchie, inquinanti, insicure. L’opposto dei desiderata.

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L’intelligenza della Cina

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Pechino – con intelligenza – sta utilizzando la transizione elettrica come un cavallo di Troia. Avendo il controllo quasi totale della filiera delle terre rare e della produzione di celle catodiche, la Cina non aspetta altro che il collasso del motore termico europeo per inondare le nostre strade con veicoli sussidiati dallo Stato, venduti a prezzi con cui i marchi europei non potranno mai competere. Per ottenere il litio, il cobalto e il nichel necessari a una singola batteria, occorre smuovere tonnellate di terra in Paesi dove il Celeste Impero comanda

Mentre Bruxelles punta sulla coercizione, gli Stati Uniti di Donald Trump (e in parte anche la precedente amministrazione con l’Inflation Reduction Act) hanno compreso che la transizione deve essere guidata dal mercato e non dai diktat. La visione americana è pragmatica: proteggere l’industria nazionale, mantenere bassi i costi dell’energia ed evitare di demonizzare il motore a combustione interna, che resta il cuore pulsante del commercio e della mobilità privata per le grandi distanze. In base ai princìpi di libertà e democrazia.