Negli USA, dove si è liberi di produrre e comprare auto termiche o elettriche, ondata di assunzioni Stellantis: si inizia nell’area metropolitana di Detroit. Con quei 13 miliardi di dollari di investimenti negli States, addetti, indotto e sindacati esultano, grazie alle politiche liberali di Trump. No alla restrizione imposta dall’alto di Biden. Questa flessibilità permette alle aziende di rispondere in modo più dinamico alla domanda del mercato, senza la pressione di scadenze normative rigide imposte dall’alto.
Motor City riprende fiato
Motor City è il centro per le operazioni di Stellantis negli Stati Uniti, ereditando la profonda presenza industriale di Fiat Chrysler Automobiles. Il Detroit Assembly Complex – Mack Avenue è il primo nuovo impianto di assemblaggio aperto a Detroit dopo decenni. Produce veicoli del marchio Jeep, in particolare la Jeep Grand Cherokee L (la versione a passo lungo) e la Jeep Grand Cherokee di nuova generazione (introdotta nel 2021). Mentre il Jefferson North è lo storico impianto che in precedenza produceva la Grand Cherokee e la Dodge Durango. È uno dei pilastri della capacità produttiva nell’area. Il piano prevede l’introduzione di cinque nuovi modelli negli USA e la creazione di circa 5.000 nuovi posti di lavoro nel Paese, inclusi circa 2.000 posti a Detroit e nell’area circostante. In arrivo un nuovo SUV di grandi dimensioni, disponibile in versione elettrica a autonomia estesa e con motore a combustione interna, a partire dal 2028.
Vecchio Continente in crisi automotive
Situazione molto differente in Europa, dove regna l’incertezza assoluta e totale. Non si sa quando il ban termico 2035 verrà discusso, c’è lo stlittamento dal 10 dicembre a data da destinarsi. Nel Vecchio Continente ci si mangia le mani osservando la terra yankee: qui siamo alle prese col flop elettrico e le lobby green molto influenti. Francia e Spagna hanno enormi interessi affinché il divieto di vendere benzina e diesel puliti resti a beneficio del tutto elettrico.
A Detroit la rivitalizzazione economica, che porta a nuove opportunità di lavoro e rinnovata fiducia nella regione. In UE la paura tremenda di fabbriche che chiudono. La stupidaggine dei posti di lavoro grazie alle elettriche rimane nei famigerati studi di qualche bontempone.
Le Case automobilistiche europee si trovano in una situazione estremamente difficile. Uno: investire miliardi nell’elettrificazione totale, come previsto dal ban, correndo il rischio che la norma venga modificata o annullata. Oppure due: mantenere gli investimenti sulle tecnologie termiche pulite, con il rischio che queste vengano bandite. È un freno alle decisioni strategiche e, di conseguenza, alle assunzioni.

Siamo intrappolati in un labirinto di incertezze normative, ideologie ambientali spinte da lobby influenti e un rischio concreto di deindustrializzazione e perdita di posti di lavoro. Alle prese con una transizione accelerata che non tiene conto pienamente delle dinamiche economiche e del gradimento del mercato.
Errori da rimediare
Si è sempre in tempo a porre rimedio agli errori del passato. D’altronde, anche Filosa ha detto che Stellantis ha sbagliato col tutto elettrico (all’epoca di Tavares). In modo analogo, l’UE si è un po’ lasciata trascinare dagli entusiasmi modaioli di una sinistra iper green, che indubbiamente si è travestita da musa ispiratrice a beneficio di chi ama la Terra. È nata la dicotomia fra l’elettrico pulito e il benzina sporco.
